martedì, settembre 23, 2008

La riflessione di Joseph Ratzinger sull’evoluzione

di Gennaro Auletta

Joseph Ratzinger (se mi è concessa tale espressione per comprendere qui sia i suoi lavori quando era ancora Cardinale, sia i suoi interventi come Capo della Chiesa) si è pronunciato sul tema dell’evoluzione diverse volte e testimoniando una riflessione molto articolata.

In particolare, farò qui riferimenti a cinque interventi: Il primo è un intervento alla Süddeutsche Rundfunk nel 1968; il secondo la prefazione a un libro curato da R. Spaemann, R. Löw, P. Koslowski e intitolato Evolutionismus und Christentum (Weinheim, VHC, 1986); il terzo un discorso tenuto il 27 novembre 1999 alla Sorbona (per il testo inglese vedi pagina web
http://www.zenit.org/article-13872?l=english).

Tutti e tre i testi si trovano riportati più o meno per esteso nella prefazione che il Cardinale Schönborn ha scritto al libro Creazione ed Evoluzione. Un convegno con Papa Benedetto XVI a Castel Gandolfo, curato da S. O. Horn e S. Wiedenhofer, Bologna, Edizioni Dehoniane, 2007.

Nello stesso libro si trovano gli altri due testi cui farò riferimento: il quarto è un breve commento che Benedetto XVI fa all’interessantissima relazione di Peter Schuster a Castel Gandolfo (p. 143); il quinto è un intervento di Benedetto XVI su tutte e quattro le relazioni (pp. 153-56).

Vorrei partire in particolare dagli ultimi due interventi. Essi sono mossi da una duplice preoccupazione: quella di interpretare correttamente il dialogo tra scienza e filosofia e quella di valutare propriamente i limiti della teoria evoluzionistica. Per quanto concerne il primo punto, ...
link testo completo, SRM

mercoledì, settembre 17, 2008

Mons. Ravasi: teorie evolutive e religione sono compatibili

Un messaggio che potrebbe sembrare sorprendente a chi non conosca le posizioni del Magistero della Chiesa cattolica nei confronti delle teorie evolutive, e pensi che la Chiesa e i cattolici siano ancorati a un creazionismo letterale e inconciliabile con le evidenze degli studi biologici ed evolutivi.

Lo ha affermato Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nel suo intervento alla conferenza stampa (ospitata dalla Sala Stampa Vaticana) di presentazione del Convegno STOQ 2009 "L'evoluzione biologica: fatti e teorie – Una valutazione critica 150 anni dopo l'Origine delle specie".

Il Presidente del Pontificio Consiglio, collegandosi alle dichiarazioni di questi giorni della Chiesa Anglicana, che dichiarava la necessità e volontà di esprimere le proprie scuse a Darwin, ha affermato (
ANSA) la possibilità di un nuovo dialogo tra biologia e fede, e più in generale tra le scienze e la teologia, e di superare vecchie contrapposizioni dovute, da entrambe le parti, spesso più ad esasperazioni di posizioni nette, ed ai fondamentalismi che spesso hanno caratterizzato alcuni scienziati stessi, tra cui in particolare proprio molti teorici dell'evoluzione.Alla conferenza, presieduta da P. Federico Lombardi SJ, hanno preso parte P. Marc Leclerc, il Prof. Gennaro Auletta, il prof. Alessandro Minelli, e, in rappresentanza della Notre Dame University (Indiana, USA), presso la quale si svolgerà in contemporanea il Congresso, previsto dal 3 al 7 marzo 2009 presso la Pontificia Università Gregoriana, a Roma

Pubblichiamo il comunicato stampa STOQ / Pontificio Consiglio della Cultura, e alcuni links di notizie pubblicate oggi.


Link
ANSA - ICN News - Radio Vaticana - Osservatore Romano

Link Evolution Rome 2008 - STOQ Project - Università Gregoriana - John Templeton Foundation


COMUNICATO STAMPA


Presentato il convegno internazionale "L'evoluzione biologica: fatti e teorie"

EVOLUZIONE: RAVASI, "NON È INCOMPATIBILE COL MESSAGGIO DELLA BIBBIA"


"Non c'è incompatibilità a priori tra le teorie dell'evoluzione ed il messaggio della Bibbia e della teologia". A ribadirlo è stato oggi mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, presentando il convegno internazionale "L'evoluzione biologica: fatti e teorie – Una valutazione critica 150 anni dopo l'Origine delle specie", di Charles Darwin, che si svolgerà dal 3 al 7 marzo 2009 a Roma, organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana e dalla Notre Dame University (iscrizioni su www.evolution-rome2009.net).

L'iniziativa nasce nell'ambito del Progetto STOQ, ovvero Scienza, Teologia e Questione ontologica, al quale partecipano sette Università pontificie, coordinate dal Dicastero vaticano. Un progetto teso a costruire un ponte tra scienza e teologia. Scienziati di varie discipline e filosofi - credenti e non credenti - chiamati da tutto il mondo, insieme a teologi, faranno il punto sulle teorie evoluzionistiche, sgombrando equivoci e dubbi.

"Darwin non è stato mai condannato dalla Chiesa, e l'Origine delle specie non è all'indice – ha proseguito Ravasi - ma soprattutto ci sono stati sulla teoria dell'evoluzione pronunciamenti significativi da parte del magistero ecclesiale. Sarà interessante seguire questo Congresso internazionale, perché cerca in tutti i modi di intrecciare in armonia da un lato la parte scientifica, che avrà un grande rilievo nei primi giorni, con la parte filosofica e la parte teologica".

Ravasi ha anche citato l'"Humani Generis" di Pio XII, del 1950, in cui si afferma che la Chiesa "non proibisce" che la dottrina dell'evoluzione "sia oggetto di ricerche e discussioni"da parte di coloro che ne sono competenti "in tutti i campi", ed il "famoso discorso" pronunciato da Giovani Paolo II il 12 ottobre 1996 all'Accademia delle Scienze, in cui l'evoluzione non è più considerata "una mera ipotesi", ma una "teoria che si è progressivamente imposta all'attenzione della ricerca".

Tra i partecipanti del convegno internazionale del marzo 2009, non ci saranno esponenti dell' "Intelligent Design". Si tratta, come ha spiegato padre Marc Leclerc, docente di filosofia della natura alla Gregoriana, di coloro che, soprattutto negli Usa, hanno "contribuito" alla attuale "confusione", perché, "pur ammettendo il fatto massiccio dell'evoluzione delle specie, intende fare leve sulle insufficienze della teoria neodarwiniana per proporsi in qualche modo in spiegazione alternativa, allo stesso livello: come se solo il 'disegno intelligente' di Dio potesse spiegare i processi dell'evoluzione".

In questo modo, si arriva a confondere i "due piani distinti" della "finalità" e del "meccanismo".D'altro canto, come ha evidenziato Gennaro Auletta, direttore scientifico del progetto STOQ e docente di Filosofia della scienza alla Gregoriana, "un confronto sulla cruciale questione dell'evoluzione, tra scienziati, filosofi e teologi, non è una cosa del tutto irrilevante, e perfino coloro che usano la teoria dell'evoluzione in chiave anti-religiosa e anti-umanistica, proprio nel fare questo, dovrebbero riconoscerlo".

Bisogna "chiedere scusa" a Darwin per presunti errori della Chiesa nel passato, come ha fatto in questi giorni la chiesa anglicana?
"L'atteggiamento della Chiesa anglicana – ha risposto mons. Ravasi ai giornalisti, durante la conferenza stampa di presentazione del convegno internazionale sull'evoluzione biologica – è curioso e significativo, lo stile è proprio di una mentalità un po' differente dalla nostra".

lunedì, settembre 15, 2008

L'Arcivescovo Gianfranco Ravasi: Lourdes disseta la sete di bellezza

Intervista con il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura

di Paolo Centofanti

CITTÀ DEL VATICANO, lunedì, 25 agosto, 2008 (ZENIT.org).- Quest'anno si celebra il 150° anniversario delle apparizioni della Vergine alla piccola Bernadette Soubirou. Papa Benedetto XVI si recherà in Francia visitando, dopo Parigi (dal 12 al 13 settembre), Lourdes e la grotta di Massabielle.

In concomitanza con le celebrazioni, cresce il numero di pellegrini che si recano al Santuario, al punto che l'Unitalsi ha dovuto organizzare un maggior numero di "treni bianchi".

Si moltiplicano poi gli eventi destinati a commemorare l'evento, come il Congresso internazionale “I pellegrinaggi: percorsi storici, percorsi di fede e percorsi geografici”, che si svolgerà a Roma dal 17 al 19 settembre.

Per saperne di più sulle iniziative in corso, e per una analisi del "fenomeno" Lourdes e del suo valore per i credenti e le Chiesa, ZENIT ha intervistato monsignor Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione dei Beni Culturali.

Un colloquio amichevole, in cui monsignor Ravasi ha colto l'opportunità per parlare dell'importanza del sacro e della figura mariana nell'arte, e anticipare alcune iniziative promosse dai Dicasteri da lui presieduti.


Quest'anno si festeggiano i 150 anni dalle apparizioni di Lourdes. Quali sono le iniziative più importanti e quali le vostre eventuali attività o collaborazioni?

Mons. Ravasi: Dobbiamo dire che noi, strettamente parlando, non possiamo coprire ciò che viene fatto da parte di altri Dicasteri vaticani, che su un evento di questo genere investono molto di più, perché un po' fa parte della loro missione.

Vorrei segnalare soltanto due elementi che sono caratteristici del nostro Dicastero e che mi permettono forse di parlare anche di un'altra delle attività che il Pontificio Consiglio della Cultura realizza. Da un lato, e questo è un dato soltanto direi di cronaca, ma significativo, il Legato Pontificio per queste celebrazioni è il mio predecessore, il Cardinale Paul Poupard; quindi abbiamo in un certo senso simbolicamente la nostra presenza, attraverso colui che è stato una persona fondamentale nella costituzione di questo Dicastero e nella sua vita.

Vi è una seconda considerazione che vorrei fare, anche se non è direttamente collegata a questo evento di Lourdes. Noi, attraverso un nostro dipartimento, e attraverso poi un altro Dicastero che presiedo, che è la Pontificia Commissione dei Beni Culturali, ci interessiamo molto dell'arte. E l'arte naturalmente ha un orizzonte molto vasto, pensiamo per esempio che cos'è l'iconografia.
Ecco, io penso che si potrà, nell'interno di questo ambito, favorire sempre di più un'arte sacra, che abbia in sé una componente importante che, lo sappiamo, è la componente mariana; pensiamo che cos'è nella storia dell'arte la figura di Maria.

Finalità per le quali lei, con i suoi Dicasteri, sta portando avanti progetti specifici...

Mons. Ravasi: Sì. Vorrei innanzitutto ricordare un'idea che ho in un certo senso lanciato, anche se non come Pontificio Consiglio della Cultura, ma come Pontificia Commissione dei Beni Culturali: la probabile presenza, non diretta ma parallela, alla Biennale di Venezia del prossimo anno.
Questa presenza della Santa Sede, che vorrei realizzare, ha proprio lo scopo di favorire una nuova arte che tenga conto anche dei grandi soggetti religiosi, ivi compreso il soggetto mariano, e non solo.
Perché il dialogo con l'architettura c'è: le chiese moderne vengono costruite effettivamente da grandi architetti a livello internazionale, quali Renzo Piano, Mario Botta, Kenzo Tange, Tadao Ando, Alvaro Siza e altri.
Però queste chiese nell'interno o sono spoglie, perché hanno soltanto l'architettura della luce, o hanno immagini di cattivo gusto, oppure hanno la presenza dell'artigianato soltanto, e non invece, come accadeva in passato, grandi opere d'arte.
Pensiamo alle grandi chiese del Cinquecento, dell'arte barocca, che avevano in sé la meraviglia dell'architettura, ma anche la presenza di artisti come Bernini, per esempio, oppure Tiziano, Veronese. Pensiamo alle grandi chiese veneziane, quali presenze altissime hanno, dal punto di vista della storia dell'arte.
Ecco, io vorrei, attraverso questo esperimento che vogliamo realizzare con la Biennale di Venezia, sollecitare i grandi artisti contemporanei. Faccio solo qualche nome, per esempio negli Stati Uniti Bill Viola, Anish Kapoor per l'India, per l'Europa Jannis Kounellis.
Grandi artisti, che ritornino ancora a rappresentare le grandi immagini religiose, creando anche un interesse da parte della committenza stessa, cioè delle autorità ecclesiali, affinchè ripropongano ancora le grandi opere nell'interno delle loro chiese.

Un altro capitolo importante potrebbe essere poi anche il capitolo della cinematografia, in modo che ritorni ancora ad essere viva; una cinematografia che proponga non documentari di bassa qualità, ma che proponga per esempio il grande cinema, con le grandi domande. Pensiamo a nomi come Bergman, Bresson, Dreyer, o anche più vicino a noi Olmi, lo stesso Rossellini, che si era interessato di questi temi.
Come Pontificio Consiglio della Cultura abbiamo stimolato, costituito e favorito una scuola che porta il titolo di "Filmare l'invisibile", e che è attualmente a Guadalajara in Messico, e che ha sollecitato subito l'interesse della New York Film Academy e degli Universal Studios di Los Angeles; con entrambi ora siamo in collaborazione. Il che vuol dire che alla fine proporre una filmografia vuol dire sollecitare interessi molto maggiori di quanto si immagini.

Ecco forse l'arte potrebbe essere il modo per riproporre ancora la figura di Maria, ma anche la figura delle grandi immagini e dei grandi personaggi, a partire da Cristo naturalmente, della tradizione cristiana.

Qual è la specificità di Lourdes, e perché ancora oggi continua a essere così importante per i credenti ?

Mons. Ravasi: Penso alla devozione mariana, che sappiamo essere una delle componenti caratteristiche della tradizione, non soltanto cattolica; pensiamo al mondo ortodosso, oppure anche a Lutero che aveva scritto un Magnificat di grande intensità, e parlava spessissimo con rispetto della "dolce madre di Cristo".
Al di là di questo, dell'elemento cioè strettamente religioso, immediato, legato alla figura della Madonna, e al di là, dobbiamo dire, della speranza che alla fine il pellegrino ha (anche a volte una speranza di guarigione), penso che una componente importante sia il tema della spiritualità e della religiosità.
E' per questo che Lourdes, più che non certi altri luoghi di apparizioni più clamorose, basati più su idee quasi di tipo sensazionale, sia invece il ritorno alla coscienza, alla spiritualità, alla liturgia, alla conversione. Difatti, penso che le grandi celebrazioni liturgiche di Lourdes siano celebrazioni esemplari, sia per la musica, sia per i canti, sia per la partecipazione.
Ecco, forse i santuari devono diventare come un grande luogo di esemplarità della vita di fede, un grande luogo in cui si annuncia la fede. E forse la presenza così numerosa e variegata di pellegrini, può diventare l'elemento che fa tornare questi pellegrini nelle loro terre con una carica interiore più viva.


ZI08082505 - 25/08/2008Permalink:
http://www.zenit.org/article-15234?l=italian

© Innovative Media, Inc. La riproduzione dei Servizi di ZENIT richiede il permesso espresso dell'
editore.

L'uomo per la cultura del Papa analizza il nuovo interesse per la Bibbia

Intervista all'Arcivescovo Ravasi in preparazione del Sinodo della Parola

di Paolo Centofanti


CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 31 luglio 2008 (ZENIT.org).- L'uomo per la cultura di Benedetto XVI, l'Arcivescovo Gianfranco Ravasi, constata un rinnovato interesse per le Sacre Scritture e la volontà di sostenerne lo studio e l'analisi.

Lo testimoniano una recente indagine realizzata sulla conoscenza della Bibbia da parte dei fedeli e il progetto che ne vedrà a ottobre la lettura in tv, su Rai 1 (cfr. ZENIT, 3 luglio 2008).

I Sacri testi saranno declamati da Papa Benedetto XVI (che aprirà e chiuderà i 7 giorni continui di lettura), da esponenti delle comunità che basano la propria religione sul Vecchio Testamento (come il Rabbino Capo della Comunità Ebraica, Riccardo Di Segni) e dai fedeli che si iscriveranno online. L'iniziativa è organizzata in occasione del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio.

ZENIT ne ha parlato con monsignor Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione dei Beni Culturali, che ha spiegato il progetto e ha illustrato i risultati dell'indagine.

Nei mesi scorsi è stata presentata in Vaticano una ricerca sociale sulla Bibbia e la sua conoscenza. Può dirci quali sono state le motivazioni e quali sono gli obiettivi?

Monsignor Ravasi: Questa ricerca è stata effettuata dalla Federazione Biblica Cattolica internazionale, che è una istituzione a sé stante, che ha connessioni con il Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani.

E' una ricerca che è stata realizzata soprattutto in connessione con il Sinodo dei Vescovi, che quest'anno sarà dedicato proprio alla Bibbia.

Una ricerca che aveva anche il significato di fare il punto, dopo circa 40 anni dal Concilio Vaticano II, che aveva segnato quasi una sorta di riappropriazione della Bibbia da parte del mondo dei cattolici e della Chiesa Cattolica.

La Bibbia era certamente conosciuta anche precedentemente, soprattutto attraverso la liturgia, la catechesi, ma non in una maniera così sistematica e continua come è avvenuto dopo, soprattutto dopo quel documento fondamentale che è stato la Dei Verbum, questo testo sulla divina rivelazione del Concilio Vaticano II

Questo quindi era lo scopo principale, riuscire in qualche modo a testare la sensibilità nei confronti della Bibbia delle comunità ecclesiali di nove Nazioni, a cui si aggiungeranno tra poco altre quattro, in modo da poter avere una visione articolata e completa del rapporto tra la parola di Dio e le comunità.

Quali sono stati i risultati dell'indagine?
Monsignor Ravasi: Devo dire che i risultati sono stati molto articolati, proprio perché lo schema e la struttura dell'investigazione erano molto accurati, entrando anche in aspetti inediti, e la campionatura era molto vasta.

Possiamo veramente dire che sono risultati interessanti e fondati, sempre naturalmente con tutti i limiti che hanno queste rilevazioni.

Si potrebbero fare almeno due considerazioni su questa base, questo paniere enorme di dati.

La prima è che indubbiamente in alcuni Paesi rispetto ad altri c'è ancora una distanza notevole dal testo sacro, dalla Bibbia.

Facciamo solo un esempio di un modello di questa investigazione, che può diventare significativo.

Vi è per esempio la domanda sulla lettura di una pagina biblica nell'arco dell'ultimo anno.

Negli Stati Uniti è il 73% della popolazione ad aver letto un testo biblico nell'ultimo anno. Il che vuol dire quasi la totalità di tutti coloro che hanno abitudine alla lettura.

Dall'altra parte arriviamo invece ad esempio in Italia, e troviamo che soltanto un quarto dei lettori italiani ha preso in mano nell'arco dell'ultimo anno almeno una pagina biblica.

Questo è un esempio. Le risposte sono appunto molto variegate e in alcuni Paesi il cammino è molto lungo da fare.

Curiosamente, uno dei Paesi ultimi in assoluto, a sorpresa anche perché è un Paese cattolico di grandi tradizioni, ma che probabilmente segna veramente una sorta di iato con il suo passato, è la Spagna, che risulta quasi sempre ultima in questo approccio.

La seconda considerazione è che però c'è indubbiamente, in molti, il desiderio di ritornare a questo testo, soprattutto considerandolo non soltanto, come è ovvio per il credente, norma di vita, lampada per i passi nel cammino della vita (per usare una frase della Bibbia stessa), ma anche come grande testo della cultura; quello che si suol dire "il Grande Codice", usando questa espressione che era di un poeta e pittore inglese, William Blake, che è stata ripresa da grande critico canadese, Norton Frye, che l'ha fatto diventare il titolo di un suo saggio molto importante.

Grande Codice perché era il punto di riferimento della cultura.

E qui voglio citare un elemento molto significativo: in Italia un numero notevole di persone, il 63%, esige che nella scuola si inserisca la lettura della Bibbia.

Alcune settimane fa è stato presentato un progetto di lettura in televisione della Bibbia, può parlarcene?

Monsignor Ravasi: E' stato un progetto concepito soprattutto da Rai1, la quale ha voluto che in occasione del Sinodo dei Vescovi di ottobre vi fosse la possibilità di proporre in maniera integrale tutte le Scritture dell'Antico e del Nuovo Testamento.

Ad aprire questa lettura, che durerà un'intera settimana, giorno e notte, sarà il Papa stesso che leggerà in diretta la prima pagina in assoluto della Bibbia e delle Scritture ebraiche e cristiane, cioè il capitolo I della Genesi.

Questo testo verrà poi subito dopo letto in ebraico dal Rabbino Capo di Roma, in modo tale da avere anche la testimonianza della comunità che ha al centro le Scritture dell'Antico Testamento.

Poi ci saranno voci delle varie confessioni cristiane, e dopo le voci cristiane naturalmente vi saranno tutti coloro che ritenendo significativo il loro desiderio di proclamare questo testo lo leggeranno.

Naturalmente saranno dei brani già definiti, ci si iscriverà attraverso via informatica e si comincerà questo lungo itinerario che avrà al suo interno soprattutto questo scopo: cercare di proporre la Parola.

Una parola che risuoni solenne in mezzo alle molte chiacchiere che la stessa televisione offre, e che il nostro mondo attualmente usa, così da costituire quasi una specie di brusio, di rumore di fondo della civiltà contemporanea.

Queste invece sono parole che in qualche modo "incidono" ferite nell'abitudine, "incidono" messaggi, ed è per questa ragione che è significativo che la Parola sia letta in questa forma corale, in modo tale che non sia più concepita soltanto come una componente religiosa, ma sia una vera e propria testimonianza della cultura, della civiltà, dell'umanità.

Tant'è vero che qualora un non credente, un ateo, un agnostico o anche un musulmano o un appartenente ad un'altra religione desiderasse proclamare questa parola, non si esclude che lo possa fare.

L'importante è che appunto sia iscritto a questa lunga voce ininterrotta, che propone la Parola di Dio per i credenti, il grande testo della cultura e della civiltà occidentale per tutti.


ZI08073110 - 31/07/2008 Permalink: http://www.zenit.org/article-15164?l=italian

© Innovative Media, Inc.

La riproduzione dei Servizi di ZENIT richiede il permesso espresso dell'editore.

domenica, settembre 14, 2008

Nuovo volume STOQ Project research Series

Fede, cultura e scienza. Discipline in dialogo

a cura di Mauro Mantovani e Marilena Amerise, con la collaborazione di Tomasz Trafny

Prefazione di S.E. Gianfranco Ravasi

Link scheda, indice e presentazione; SRM

LHC CERN: intervista esclusiva al Prof. Michelangelo Mangano

Di Paolo Centofanti, SRM

Il recente esperimento realizzato dall' LHC del CERN, a Ginevra, ha aperto nuove importanti prospettive, per comprendere le origini del nostro universo, ma è stato accompagnato da alcune polemiche e paure irrazionali, e da alcune confusioni sui contenuti e gli scopi, sia del test realizzato il 10 febbraio scorso, sia degli esperimenti che verranno realizzati nei prossimi anni.

Il Prof. Mangano, chiarisce i dubbi e alcune inesattezze, ed esprime, da laico non credente, le proprie opinioni sul possibile equilibirio e dialogo tra scienza e religione.


Quali sono gli obiettivi dell'LHC, in particolare dell'esperimento che si è svolto mercoledi scorso (il 10 settembre), e quali potrebbero essere le eventuali ricadute nella ricerca scientifica o eventualmente dal punto di vista pratico ?

Quello che è successo il 10 settembre non è direttamente collegato con quello che ci aspettiamo di ottenere dall' LHC (
www.cern.ch/lhc). Abbiamo realizzato un test tecnico per verificare che l'acceleratore funzioni come ci si aspetta: per la prima volta i protoni sono stati fatti circolare lungo tutta la lunghezza dell'anello.

Questo è il punto di partenza, ci sono già stati dei test nelle settimane passate, in cui è stata collaudata l'iniezione dei protoni nell'anello, però non era mai stato fatto il test completo.
Quindi abbiamo avuto protoni che circolavano solo in una direzione, e non vi sono nemmeno state collisioni, né i risultati di fisica che ci aspettiamo dall' LHC, ma appunto un test di preparazione.La fisica inizierà più tardi, probabilmente verso metà o fine ottobre, e quest'anno sarà limitata a verificare che gli esperimenti funzionino, che sia possibile raccogliere i dati, e non vi sarà un numero di collisioni sufficienti per poter estrarre nuovi risultati. Dall'anno prossimo invece comincerà tutto a regime completo.

Lo scopo dell' LHC è simile allo scopo di acceleratori precedenti, cioè esplorare la materia nelle sue componenti più fondamentali, andare a identificare quali sono le particelle elementari che compongono l'universo, e quali sono le forze, le interazioni che governano le loro relazioni.
In particolare, noi abbiamo già ovviamente una teoria completa che descrive tutti i fenomeni che possiamo osservare, dall'elettromagnetismo alle interazioni deboli, dalle forze responsabili della radioattività, alle forze forti che tengono assieme protoni e neutroni all'interno del nucleo.
Questo schema teorico, che si chiama “modello standard” fa in aggiunta una predizione molto precisa: l'esistenza di questa particella che si chiama il Bosone di Higgs e che all'interno del modello ha il ruolo di dare massa alle altre particelle.
Sappiamo già che l'elettrone, i quarks, i bosoni W, hanno una massa; all'interno della teoria questa massa segue un meccanismo, che si chiama il meccanismo di Higgs, che prevede appunto l'esistenza di questa particella.
Questa particella non è mai stata vista perché è pesante ed è molto rara la sua produzione; l' LHC viceversa ha una energia e una intensità sufficientemente elevate (intensità vuol dire il numero di interazioni e il numero di collisioni che si possono raggiungere tra particelle) che finalmente dovrebbe permetterci di scoprire il Bosone di Higgs.

Come mai il Bosone di Higgs è stata definita “la particella di Dio ?”

E' stato forse in parte un equivoco. Leon Lederman aveva scritto un libro sulle particelle, e aveva proposto un titolo considerato non sufficientemente colorito o sensazionalistico, e gli editori gli suggerirono questo nome.La realtà è che una connessione tra questa particella e Dio, non è possibile più che per altre particelle; questa è certamente una particella importante, ma non è la più importante. E' un'espressione nata per caso e che poi è rimasta nella letteratura e in un certo senso continua ad ossessionarci ancora oggi.

Si parla molto sia di presunti rischi di produzione di eventuali buchi neri, o “strangelets” (materia sconosciuta) sia comunque di paure irrazionali in questo senso da parte del pubblico

Qui ci sono due componenti.
I media ovviamente hanno cavalcato questa cosa, perché l'hanno visto come uno strumento per interessare i lettori, per generare un evento mediatico.
In qualche misura però la responsabilità è forse anche dei fisici teorici che spesso, quando comunicano con il pubblico, con la stampa, utilizzano un linguaggio che tende ad essere sensazionalistico. Devo dire che siamo stati anche guidati da esperti in comunicazione, per migliorare l'immagine che i fisici delle particelle hanno presso il pubblico, e sempre ci suggeriscono di usare questi termini grandiosi, queste analogie, queste metafore molto colorite; metafore appunto tipo “ricreare il Big Bang”, per esempio.
Queste idee sono entrate un po' nella cultura, e i fisici non si sono resi conto che dare un messaggio tipo: “con i nostri esperimenti riproduciamo il Big Bang”, oppure “con i nostri esperimenti creiamo nuove forme di materia”, “nuove particelle mai viste prima, sconosciute”, e così via, può effettivamente suscitare paura in chi ascolta.
Sentendo le stesse parole, gli stessi termini, usati da un biologo che mi dicesse “io con questo esperimento voglio creare nuove forme di vita”, io stesso mi preoccuperei, perché non so fino a che punto manipolando il DNA non si possa magari generare cose perverse, come una nuova forma di AIDS o di Ebola.
Però il linguaggio è lo stesso, e noi in un certo senso ci siamo sempre illusi che il pubblico riesca a vedere la differenza tra il manipolare la vita, manipolare la materia organica (che è un sistema molto complesso, e dunque molto meno facilmente predicibile), e manipolare viceversa le particelle elementari, che è quello che facciamo noi, dove il controllo su quello che risulta da un certo esperimento, è viceversa perfettamente definito e predicibile dalle regole della fisica.
Quindi: aver messo assieme una improprietà di linguaggio da parte nostra, la mediazione di qualche persona nel pubblico che ha colto l'occasione per trovare dei pericoli e alimentare queste paure, la stampa che poi le ha riprese.
Qui l'errore della stampa, dal mio punto di vista, è stato non sottolineare che questo non è un dibattito tra scienziati, ma è un dibattito che avviene tra scienziati, i quali uniformemente e unanimemente sono convinti che non c'è assolutamente nessun rischio, e alcune persone che non sono scienziati, che non hanno le credenziali per poter discutere con cognizione di questi argomenti, ma che viceversa si sono fregiati del titolo di scienziati, per dare più credibilità alle loro affermazioni.
Non è vero in altre parole che ci sia in corso tra scienziati, tra fisici, una discussione sugli eventuali rischi. La comunità scientifica è unanimemente convinta che questi rischi non ci siano, perché questi esperimenti sono stati preparati, studiati in dettaglio utilizzando la scienza e le fisica ben note, per giungere alla conclusione che appunto non vi è nessun rischio.

Le due persone che hanno sollevato il problema, tra l'altro, non avrebbero titoli scientifici, né alcuna esperienza professionale in questi ambiti ...

Nessuno dei due effettivamente ha alcuna esperienza scientifica documentabile: il fatto stesso che non abbiano mai scritto un articolo scientifico che sia stato pubblicato su una rivista scientifica, né individualmente né sottoponendolo a peer review, lo sottolinea.Purtroppo, con il web oggi tutti possiamo “diventare” “scienziati”, o “esperti”, scrivendo qualche riga e mettendola sul nostro sito web, e magari firmandoci come esperto di astrofisica.
Sul web non esiste la validazione, la certificazione delle sorgenti che ci può essere sul giornale, dove il giornalista prima di presentare un' informazione si preoccupa di capire quale sia la fonte. E la gente si spaccia per esperti, per scienziati, inventando persino affiliazioni con Università e Istituzioni, e a quel punto la gente viene indotta a credere di avere a che fare con degli esperti.

Come vede l'informazione sull'LHC e il CERN, e il modo in cui CERN e l'LHC stessi comunicano ? Cosa si potrebbe fare per migliorare le informazioni e le idee recepite dalle persone sulla fisica e sui vostri esperimenti ?

La parte scientifica della divulgazione sugli scopi di questi esperimenti è corretta; emerge da conversazioni che giornalisti hanno con noi del CERN (
www.cern.ch/), da nostre interviste, e quindi vengono riportate informazioni corrette e utili.
In un certo senso siamo tutti ben felici della grande esposizione che stanno avendo le nostre iniziative sui media; dispiace però che vi sia questa idea sensazionalistica e questa paura di presunti rischi.
Quello che ci auguriamo è che, passata questa fase di panico, la gente dimentichi questi aspetti, e magari torni a focalizzarsi sulla componente scientifica.

Noi facciamo moltissima divulgazione e cultura della scienza e della fisica: lo facciamo ad esempio attraverso i nostri contatti e attività con le scuole; al CERN abbiamo programmi di stage, che durano da una a tre settimane, per professori di fisica dei licei, che vengono da tutto il mondo, e ai quali raccontiamo le ultime novità della scienza; questo chiaramente ha un grande impatto, perché ogni professore poi ha accesso a tanti studenti, ai suoi colleghi, ai nostri siti web del CERN, che contengono in realtà tutte le informazioni necessarie, per esempio per rispondere a queste accuse sui pericoli.
E abbiamo appunto anche una pagina web sulla sicurezza, dove vi sono anche documenti in cui punto per punto viene dimostrata la fallacia di queste accuse.Diciamo che cerchiamo di fare il nostro meglio, però d'altra parte il nostro compito è quello di fare la fisica.
Io per esempio, che sono profondamente coinvolto in questa questione, dove è più di un anno ormai che lavoro a tempo pieno, non ho più tempo di fare fisica, passo il tempo a leggere i blogs, a guardare in giro cosa succede, se c'è qualche novità.
E oggi non possiamo permetterci di rispondere ad ogni blog e spiegare come stanno le cose.
Ci vuole quindi un minimo di sacrificio e impegno anche da parte della gente, per informarsi meglio, e non fermarsi a qualche notizia sensazionalistica, e senza basi concrete.
Purtroppo, che una grande rivista o un grande giornale pubblichi un giorno un articolo di due pagine, in cui si spiega come stanno le cose, è utile per quel giorno, ma c'è il rischio che la settimana dopo, se esce un'altra di queste notizie ad effetto, le persone si dimentichino completamente delle argomentazioni scientifiche della settimana precedente, e si ricomincia da zero.
La memoria del lettore purtroppo è molto molto breve, per la scienza così come per tanti altri eventi che sono pubblicati sui giornali.

Come vive la sua realtà di scienziato italiano che lavora all'estero da molti anni ?
Io sono in Svizzera da quindici anni, è un periodo molto lungo che sono via dall'Italia.
E' necessario però considerare la nostra comunità: la comunità dei fisici delle alte energie, dei fisici delle particelle, che è molto diversa dalla comunità per esempio dei biologi, dei ricercatori in campo medico, forse anche in campo economico. Perché siamo veramente una grande comunità: un numero di persone abbastanza piccolo, che lavora su progetti comuni che hanno sede in questi grandi laboratori internazionali, come può essere il CERN, o come può essere FermiLab (
www.fnal.gov). Ed è per questo che manteniamo i contatti tra noi; io ho lavorato per molti anni al Fermi Lab (Illinois, USA), dove però vi sono centinaia di italiani che lavorano, e dunque si crea un legame che poi resta; il fatto di essere un italiano che lavora al Fermi Lab, vuol dire poi partecipare alle conferenze organizzate in Italia per gli italiani, perché si è invitati, perché si condivide la lingua, perché partecipano ex colleghi di università.
Magari invece il biologo lavora con team più ristretti, e quando va a lavorare in qualche laboratorio americano, poi costruisce li il suo gruppo, e la sua attività, che in alcuni casi può essere addirittura in competizione con le attività di ricerca che si svolgono in Italia.
Quindi è importante soprattutto questo: le modalità di lavoro; come opera la nostra comunità, che è molto più internazionale, molto più aperta, con scambi molto più frequenti; il fatto stesso che proprio noi fisici abbiamo per così dire inventato il Web, è perché volevamo uno strumento per rendere ancora più semplice lo scambio di informazioni e la collaborazione, anche a grandi distanze.
Quindi in fondo non pensiamo al fatto che siamo lontani; chi ci pensa e chi evidentemente ne soffre, sono semmai le nostre famiglie; loro si, sono sradicate, e devono seguire quelli di noi che sono lontani per fare il loro lavoro.
Ma nel nostro lavoro non siamo isolati; è la vita personale, eventualmente, che ci fa sentire lontani. Vi sono poi tanti italiani, spesso associati ad università italiane, e quindi comunque legati e attivi nel paese d'origine, che però passano tra i tre e i cinque mesi all'anno (ad esempio quando non devono insegnare) sul proprio esperimento che sta a Chicago, e anche in questi casi c'è un certo sradicamento.
Altra cosa importante da dire è che in Italia, fortunatamente per la nostra comunità, la fisica è veramente all'avanguardia. Noi siamo all'avanguardia, con tutti i nostri colleghi, quindi non è che uno “scappa” e va negli Stati Uniti perché in Italia mancano le risorse; in Italia le risorse sono molto buone, abbiamo i fondi per viaggiare, per partecipare ad iniziative importanti, grandi esperimenti come quelli del CERN; quindi si può fare benissimo fisica a questi livelli, forse non vivendo in Italia, ma certamente associati alle istituzioni italiane.
E in Italia abbiamo anche importanti laboratori, come Frascati, dove si realizzano esperimenti che a loro volta attraggono fisici dall'estero: dalla Germania, dal Giappone, dall'America, per dirne alcuni; quindi abbiamo un privilegio, la possibilità di fare tranquillamente ricerca ad altissimo livello, al livello più alto possibile, mantenendo i legami e in parte anche la presenza in patria.

Come potrebbe dal suo punto di vista il lavoro dello scienziato essere reso più comprensibile al grande pubblico ?
Senz'altro con uno sforzo migliore, da parte nostra, nel comunicare. Dico migliore, non maggiore, perché in realtà di materiale ne esiste tanto, forse è proprio importante curare la qualità: ci vorrebbe uno studio più attento a come riuscire a trasmettere i messaggi giusti.
E' poi cruciale, come dicevo prima, l'impegno di chi ascolta, che deve appunto impegnarsi a voler ascoltare.
Noi non possiamo metterci a produrre ad esempio programmi in prima serata, un'ora tutte le sere, in cui si spiega la fisica. Certo sarebbe uno strumento utile, una sorta di lavaggio del cervello, così come fanno telenovelas, programmi di giochi o intrattenimento prima e dopo il telegiornale; invece di proporre pacchi a sorpresa, potremmo proporre fisica. Avrebbe certamente un impatto notevole, però non credo sia possibile.
D'altra parte, ci sono già programmi come Superquark e tanti altri, ci sono pubblicazioni specializzate, inserti settimanali nei giornali, quindi l'informazione e la divulgazione secondo me ci sono.
Forse in Italia sarebbe importante, dal mio punto di vista, una maggiore partecipazione della politica, dei politici e degli uomini di cultura; e magari tornare ad enfatizzare maggiormente il valore e il ruolo della ricerca fondamentale, laddove viceversa in Italia quando si parla di cultura, tipicamente si parla della cultura letteraria e filosofica, e c'è un atteggiamento generale in Italia in cui la scienza e la ricerca sembrano secondarie rispetto ad altre forme di cultura; in questo si potrebbe migliorare senz'altro.

Come vede un possibile rapporto e un possibile dialogo tra scienza e religione ?
Il dialogo è certamente possibile, e positivo, però credo che sia un errore, quando si cerca di forzare la religione nella scienza e viceversa, di andare a identificare necessariamente i punti comuni.
Premetto che non sono religioso, non sono nemmeno battezzato, però da quello che capisco la forza della religione è la fede.
Allora, nel momento in cui dalla fede cerchiamo di trasferire alla scienza il ruolo di convincere la persona, o di farle sentire un contatto più forte con Dio, con la religione, secondo me stiamo facendo un errore.
Quindi, da un lato lo scienziato deve accettare che il non poter dimostrare con un foglio di carta l'esistenza di Dio, non significa che Dio non esista, perché stiamo lavorando su piani completamente diversi.
Dall'altra parte il religioso deve capire che come l'Universo funziona è un dato di fatto, che prescinde da come il Dio in cui crede può aver deciso di organizzare l'Universo. Può darsi che le leggi della fisica siano state scelte da un essere superiore, ma noi non ci poniamo questo problema, noi ci poniamo il problema di capire come funziona la fisica, come funziona l'universo.
Quindi le due cose possono convivere benissimo, in quanto possono alimentarsi l'un l'altra attraverso lo scambio di idee. Non credo che questo sia possibile in termini pratici, nel senso che la religione possa far migliorare la fisica da un lato, o che la scienza possa rendere la gente più credente dall'altro, però come scambio culturale e filosofico di idee, è assolutamente importante.

Quindi la scienza non può dimostrare né che Dio esista, né che Dio non esista ?
Certamente non può dimostrare né l'uno né l'altro. Non può dimostrare che Dio non esiste (come si fa a dimostrarlo ?), e lo stesso non può fare per il contrario. D'altra parte, la dimostrazione che Dio esiste sarebbe automaticamente la dimostrazione che non esiste; perché se lo dimostri vuol dire che è qualcosa che puoi comprendere, identificare e controllare, e quindi in un certo senso ti potresti porre sopra di Lui; e verrebbe meno il ruolo divino al di sopra del tutto; sarebbe un controsenso, come hanno spiegato molto prima di me Sant'Agostino e tanti pensatori che lo hanno preceduto o seguito, e da questo punto di vista a mio parere non è cambiato assolutamente nulla da allora.

Un recente esperimento ENEA di produzione di immagini simil sindoniche con laser ad altissima potenza, sembra portare una nuova luce, scientifica, sulla Sindone ...
Questo è stato un esperimento scientifico, per cui se i risultati sono corretti, nulla da eccepire sugli stessi.
Potremmo parlare della Sindone, ma potremmo parlare anche dei miracoli in generale, e della dimostrazione scientifica del miracolo; certamente qui si entra però in un terreno in cui è molto difficile trarre delle conclusioni.
Lo scienziato è aperto al fatto che ci possano essere dei fenomeni che ancora non capisce: questo è il motivo per cui costruiamo l' LHC, per scoprire cose che sono al di la di quelle che osserviamo. Sappiamo che nell'universo la materia che conosciamo, i protoni, gli elettroni, etc. sono solamente il 3% di quello che vediamo; c'è un altro 25% di componente massiccia dell'universo, che non sappiamo cosa sia, però non è che si possa dire che questa sia la prova dell'esistenza di Dio.
Questo vuol dire che dobbiamo andare avanti e trovare un'altra legge che lo spieghi.
Quindi anche fenomeni associati a miracoli, potrebbero a loro volta far parte di questa classe di processi. Ben venga quindi la ricerca su queste cose, però alla fine la valutazione deve essere una valutazione basata sulla fede, dal punto di vista del credente.
Non posso escludere per altro che possa arrivare un giorno un esperimento, o un fenomeno scientifico che sia assolutamente al di la della logica e della comprensibilità. Per fare un esempio semplice, se domani la luna, invece che continuare a girare da destra verso sinistra, si fermasse e tornasse a girare nella direzione opposta, si avrebbe un evento che non sarebbe in alcun modo compatibile con la fisica che conosciamo adesso, o che conosceremo in futuro.
E si potrebbe evidentemente dire che c'è “qualcuno” che ha il potere di cambiare addirittura le regole con cui funziona il mondo; stiamo parlando ovviamente di scenari che sono abbastanza implausibili, ma di fronte a una eventuale dimostrazione che le regole con cui funziona il mondo possono essere cambiate da questo “qualcuno” a piacimento, ovviamente tante persone potrebbero iniziare a pensare diversamente il proprio atteggiamento verso la religione.

Link SRM web site

I cambiamenti climatici al Meeting di Rimini: mostra Atmosphera e intervista al prof. Mario Gargantini, Euresis

I cambiamenti climatici sono stati il tema della Mostra Atmosphera, organizzata da Euresis al Meeting di rimini 2008. NEWPubblichiamo una intervista SRM al prof. Mario Gargantini (Euresis), tra gli organizzatori della mostra.

Di Paolo Centofanti, SRM


Euresis collabora da numerosi anni con il Meeting di Rimini. Quali sono le attività principali ?


L'attività di Euresis per il Meeting di Rimini da diversi anni si concentra sulla preparazione di mostre didattico scientifiche e sulla organizzazione di convegni e tavole rotonde.
In particolare poi le mostre stesse, una volta esposte in fiera, diventano nei mesi successivi mostre itineranti, che hanno una circolazione più ampia in tutta Italia, presso scuole, centri culturali, etc. .
Le mostre hanno la caratteristica specifica di essere rigorosamente scientifiche, ma sufficientemente divulgative, quindi rivolte a un vasto pubblico, fatto di giovani e non solo, presentando una visione di quelle che sono le conoscenze scientifiche attuali, collocate nel contesto che le ha generate, e in riferimento agli uomini che le hanno scoperte, e agli uomini che le utilizzano.
E quindi in riferimento a tutta una dimensione più ampia di conoscenza, di interrogativi, di esperienza umana che può aiutare a comprendere meglio e a collocare meglio le conoscenze scientifiche stesse.

Quest'anno in particolare avete organizzato Atmosphera ...

Quest'anno abbiamo voluto sviluppare il tema dei cambiamenti climatici, tema molto dibattuto, di grande attualità, che però spesse volte viene trattato in modo riduttivo, ideologico, dove alcuni dati approssimati o non ancora validati scientificamente vengono dati per definitivi e per certi, e da questi vengono tratte conclusioni e previsioni, a volte anche catastrofiche.
Il nostro intento è stato cercare di fornire le informazioni scientificamente più corrette, preoccupandoci di distinguere e mettere in evidenza fino a dove vi fossero sufficienti prove e conferme dei dati, e dove invece si rimanesse a livello di ipotesi.
Abbiamo quindi cercato anche di far capire cosa sta dietro i dati, cioè la complessità di un fenomeno come quello della situazione climatica della terra, e quindi la difficoltà di attuare campagne di misura significative, e di studiare lo stesso clima della terra, proiettato nella storia.
Si vede per esempio che i cambiamenti climatici che sono in atto in questo momento, il riscaldamento globale di cui tanto si parla, non è un fenomeno così eccezionale di questi anni: nella storia del pianeta si è ripetuto più volte, anche in momenti in cui l'intervento umano non c'era e la causa sicuramente non poteva essere quella antropica.
Le mostre in genere sono costituite da una serie di pannelli con illustrazioni e spiegazioni, e anche con una parte di oggetti e di esperimenti interattivi.
Quest'anno per esempio ha fatto molto colpo sui visitatori, ed era anche significativo di ciò che si voleva comunicare, la presentazione di alcune di quelle che si chiamano le “carote”, ovvero i frutti dei carotaggi, della perforazione cioè, sia dei fondali oceanici sia (quella che ha più colpito) dei ghiacci dell'Antartide.
Le abbiamo messe in evidenza in teche speciali, raffreddate e tenute costantemente ad una temperatura tale che il ghiaccio non si sciogliesse. Queste carote sono praticamente gli archivi cosmici, le biblioteche cosmiche della storia del pianeta, e quindi anche della storia del clima.

Si parla spesso del problema, dovuto allo scioglimento dei ghiacciai, della possibile scomparsa di animali, come gli orsi polari ...

Questo è uno degli esempi tipici di una informazione a volte scorretta; nel senso che certamente c'è un riscaldamento globale, è un fenomeno che esiste, si può misurare, anche se le misure a volte non sono proprio quelle così drammatiche che vengono indicate.
Quindi il riscaldamento c'è, è un fenomeno che può avere la sua ciclicità (e quindi non sappiamo esattamente fino a quando durerà), e può avere quegli effetti per esempio di riduzione dei ghiacciai che si constatano oggi.
C'è da dire però che la diminuzione degli orsi polari, intanto non riguarda tutte le specie di orsi polari, ma soltanto alcune specie che, guarda caso, non vivono nelle zone dove il clima si sta particolarmente riscaldando, e dove si sciolgono i ghiacciai; è anzi addirittura stimato che muoiano più orsi polari per gli effetti della caccia, dei cacciatori, che per gli effetti del cambiamento climatico.
Per dire che sono problemi che esistono, che non vogliamo negare o ridurre, ma vanno ridimensionati, vanno collocati nella giusta posizione, e va tenuto conto di tutti i fattori che intervengono in un fenomeno.

Relativamente al modo in cui si fa informazione ambientale e più in generale informazione scientifica, e al modo in cui i giovani recepiscono la scienza, e il suo rapporto con la religione, quali le sembrano eventuali buone e cattive prassi di informazione, e quali potrebbero essere eventuali correttivi ?

Sulla necessità di una informazione corretta sono tutti d'accordo, su questo non credo ci sia da discutere. Credo, anche dall'esperienza che ho fatto personalmente e insieme al gruppo di Euresis, in varie attività di comunicazione, a diversi livelli, in diversi contesti, e con diversi pubblici, che il punto da cui partire sia proprio la visione e l'immagine della scienza.
La scienza è un' esperienza umana, il soggetto umano è il protagonista, quello da mettere in primo piano. La scienza è un'avventura di conoscenza, è un avvenimento, è un imbattersi nella realtà, con i suoi misteri, con le sue stranezze, con i suoi comportamenti.
Allora, comunicare la scienza vuol dire (come tentativo evidentemente), tentare di far percepire al pubblico questo aspetto, questo livello.Ma in questo modo il pubblico può più facilmente reagire, perché trova qualcosa di più in sintonia con quella che è anche la propria esperienza.
Quindi la buona prassi è quella di riferirsi al livello dell'esperienza umana del ricercatore.
E questo è anche quello che permette di collocare nel giusto modo il problema scienza e fede. Perché qui non si tratta di avere due mondi, due aree di contenuti da mettere d'accordo a tutti i costi, trovando appunto dei legami, dei link tra i due aspetti, ma si tratta di capire che c'è un'unica esperienza della ragione umana che si spalanca sulla realtà senza porre limiti, senza porre censure: raccogliendo anche le domande di senso e di significato che inevitabilmente emergono anche dall'esperienza scientifica.
I giovani, se portati a incontrare la scienza in questo modo, a incontrare anche le problematiche di scienza e fede, le problematiche etiche, le altre varie problematiche che la scienza pone, sono più interessati, rispondono meglio.
Lo vediamo nelle mostre del Meeting: sono visitatissime, c'è interesse, ci sono domande, c'è volontà di approfondire. Perché si cerca di toccare questo livello del problema, che non è un livello specialistico, che riguarda cioè specialisti che poi si devono sforzare di tradurre per il pubblico, di divulgare appunto, come si dice, le conoscenze; invece si tratta di trovare un livello che praticamente è comune a tutti, e dove ciascuno fa la sua parte: lo scienziato fa la sua parte, di chi cioè è riuscito a fare qualche passo in più nel cammino di conoscenza.

Nella sua esperienza di insegnante, come vede il modo in cui i giovani recepiscono la scienza, e come valuti il modo in cui la scienza viene insegnata, considerando anche le modalità esperienziali e quasi ludiche che oggi si diffondono per insegnare ad esempio le scienze naturali, la matematica ?

La cosa interessante è che questi non sono trucchetti o accorgimenti per accalappiare l'interesse dei giovani, e anzi se sono fatti soltanto così lasciano il tempo che trovano; sono invece parte integrante della natura stessa del sapere scientifico.La conoscenza scientifica è una conoscenza sperimentale, le scienze naturali (ma lo stesso si potrebbe dire per la matematica), sono scienze sperimentali, quindi non si possono insegnare senza esperimenti, per definizione.
Non ha senso parlare di fisica, di biologia, di chimica, senza un riferimento concreto e continuo a livello sperimentale.
Questo è un punto importante. Non è un extra, per andare in laboratorio ogni tanto, per vedere degli aspetti magari appariscenti o che colpiscono, ma tutti i giorni la scienza deve avere all'interno questa dimensione sperimentale; così come deve avere la dimensione storica, che è un altro dei grandi assenti nell'insegnamento scientifico: perché i ragazzi hanno l'impressione che i risultati scientifici che devono imparare siano calati non si sa dove, non si sa quando, non siano invece il frutto di un lavoro, di una storia, di una fatica, di una serie di errori, di tentativi che fanno gli scienziati; scienziati che nella realtà il più delle volte sbagliano e ogni tanto azzeccano: la vita dello scienziato è una serie di tentativi di trovare una risposta alle sue domande; più delle volte la risposta non si trova, ogni tanto la si trova. Invece l'immagine che ha lo studente è il contrario.
Ecco allora: la dimensione sperimentale da un lato (che mette direttamente il ragazzo a contatto con il fenomeno e con la possibilità di indagare), la dimensione storica dall'altro, sono due componenti fondamentali che sono purtroppo ancora disattese nelle nostre scuole.

Quali sono gli effetti e quali le potenzialità dell'uso della rete e delle nuove tecnologie della comunicazione per apprendere la scienza ?

Più che altro vi sono grosse potenzialità, perché proprio per la natura stessa degli strumenti, amplificano le opportunità di visualizzazione, di simulazione, di esemplificazione.
E tutto questo aiuta, ma sono sicuramente da vedersi unicamente come aiuti, non come alternative. Cioè sono aiuti che possono potenziare, rendere più efficace e magari anche più attraente un lavoro che dovrebbe essere già impostato in un certo modo.
L'insegnante non può quindi illudersi che l'aggancio con la rete, la simulazione al computer, strumenti di questo genere, possano sostituire un insegnamento fiacco, poco motivato, poco interessante, poco legato all'esperienza della persona.
Se c'è un atteggiamento positivo, se l'insegnante è motivato e sa interessare, invece, allora tutti questi strumenti diventano una ricchezza in più, ben vengano.

Le capita di riscontrare il rischio e la difficoltà di una cosiddetta “generazione google” o “wikipedia” di studenti ?

Questo è un pericolo generale diffuso nella nostra società, che è una società minimalista, dove tutto viene portato al minimo indispensabile, e quindi dove il desiderio di approfondimento, che in realtà è insito anche negli stessi giovani, che sono molto curiosi, viene tarpato e viene ridotto a pillole, a conoscenza tutta veloce, sintetizzata, colta con rapidità; nel modo tipico con cui ci si accosta allo strumento rete, a Google, a tutte queste fonti di informazione pratiche, senza però nessuna capacità di sostare per far decantare una informazione.
Ancora una volta, non c'è la volontà di opporsi a questi strumenti: Google è uno strumento potentissimo, e i motori di ricerca sono fondamentali, ma sono strumenti da usare come tali; purtroppo spesse volte diventano strumenti che sostituiscono totalmente la conoscenza, che invece è fatta di altre cose, oltre che di informazione; che soprattutto è fatta di tempo è di rapporto; è fatta di approfondimento e di difficoltà; è fatta di approfondimento personale e di dialogo per esempio con i compagni di studio, con i docenti.
Come dicevo prima, se la scienza è presentata come un'esperienza umana completa, ecco allora dentro ci sono tutte le dimensioni, compresa la dimensione dell'apertura al trascendente, la dimensione delle domande, degli interrogativi di senso che la ricerca stessa fa emergere; sia in generale, sia nello specifico di alcuni temi che va a toccare, che poco o tanto portano alle domande che sono tipiche della dimensione religiosa.
E allora lo scienziato è portato dalla sua stessa scienza, senza dover fare particolari collegamenti filosofici o teologici, a porsi qualche domanda.
Ecco, basterebbe questo livello per definire in modo diverso scienza e fede.

Può parlarci dell'esperienza di Euresis ?

Euresis è un'associazione, nata alcuni anni fa, che raduna ricercatori, insegnanti, gente che ha una professione dove il contenuto principale è di tipo scientifico.
E' nata dalla volontà di andare a fondo nel proprio lavoro, quindi di capire, di cercare insieme il senso della propria attività in campo scientifico, e di rispondere ad una serie di domande che questa pone.
Per spiegare come ci muoviamo mi viene bene una frase di uno degli ospiti del Meeting di quest'anno, il fisico delle particelle di origine italiana Gino Segre, che lavora in America, e che nel suo intervento nella tavola rotonda, ha parlato di una bellezza della scienza, che però, ha aggiunto, spesso gli stessi scienziati cercano di nascondere.
Analogamente potremmo anche dire, si può parlare di un senso e di un significato della scienza che, ancora una volta, spesso gli stessi scienziati cercano di nascondere.
Bene, Euresis vuole non nascondere queste dimensioni; se vogliamo sintetizzare in una battuta, l'obiettivo di Euresis è di non nascondere la bellezza della scienza, il significato della scienza.
Ma questo lo vogliamo fare non mettendo in secondo piano la scienza, mettendoci a fare della estetica o della filosofia, ma dall'interno della scienza, quindi andando a fondo nello specifico, anche fino al dettaglio del proprio lavoro scientifico, per far emergere appunto quelle altre dimensioni.
Questa è diciamo l'idea base, poi tutto questo viene vissuto insieme, cercando il più possibile di condividere esperienze, problemi, difficoltà, scoperte; creando appunto una comunità di interessi, una comunità un po' simile, per certi aspetti, alle accademie, nate all'inizio della scienza moderna.
Comunità di ricercatori, di uomini, che si trovano a fare una esperienza così interessante, così anche problematica, e che si aiutano a viverla.
Da qui poi è quasi naturale che nascano idee, iniziative; e poi bisogna tirarne le conseguenze. In particolare sono tre i tipi di attività che sono derivate da questa volontà di approfondimento della propria professione.
Sono l'attività delle mostre che abbiamo già citato, mostre che vengono presentate al Meeting e fatte girare per l'Italia, e si va a presentarle, si interloquisce col pubblico, si interagisce con gli insegnanti, con coloro che le allestiscono.
La mostra del Meeting è un esempio, ma anche quella che stiamo organizzando sul rapporto tra Dante e la scienza, che poi girerà nelle scuole italiane, e che non è legata soltanto all'evento Meeting; quindi la linea delle mostre si è negli anni ampliata.
Un secondo tipo di attività è quella della pubblicazione della rivista Emmeciquadro, nata da un gruppo di insegnanti, sempre più allargatasi, e che da dieci anni ormai pubblicano una rivista rivolta all'educazione scientifica delle scuole di tutti i livelli, per tutti i tipi di materie scientifiche.
Il terzo livello è quello più recente, della comunicazione online, attraverso sia il sito di Euresis (
www.euresis.org), che abbiamo rilanciato l'anno scorso e ristrutturato in modo più professionale, secondo gli standard della comunicazione attuale, e, ultimissima, la collaborazione che abbiamo iniziato con le pagine scientifiche del quotidiano online Il Sussidiario (www.ilsussidiario.net) e per il quale collaboriamo con una cura particolare alle pagine scientifiche e tecnologiche.

Qual'è la linea editoriale del Sussidiario ?

E' un quotidiano generalista che si occupa anche di scienza e cultura, attraverso uno dei suoi canali, per usare un termine tecnico.La linea è anche quella indicata nella testata: “il quotidiano approfondito” è il sottotitolo; è un quotidiano online creato dalla Fondazione per la sussidiarietà, che ha l'intento di approfondire e comprendere quello che succede, in generale.
Tentando di unire questi due aspetti: i fatti e gli approfondimenti.
È anche visibilmente, strutturato in due blocchi, due sezioni: “fatti” e “approfondimenti”, però legati fra di loro, quindi tenendo conto che l'approfondimento diventa volo pindarico e intellettualismo se non è strettamente legato ai fatti, e i fatti da soli, se non hanno poi un approfondimento, nella conoscenza oggi molto spinta e affannata dell'informazione, non aiutano la persona, insomma non servono alla crescita delle persone.
E allora questa è un po' la scommessa: un'apertura ampia, uno sguardo ampio sugli avvenimenti quotidiani, con l'intento di andare a fondo nella ricerca della verità, e l'avvio di un lavoro culturale che può nascere attraverso gli approfondimenti; affidando questi aspetti a tanti collaboratori, che stanno già collaborando da qualche tempo, soprattutto nella parte di approfondimenti, in una prospettiva non di contrapposizione ideologica, per difendere una particolare tesi, o una particolare posizione ideologica o culturale, ma con la volontà di ricerca sincera della verità, sulla quale ci si può trovare d'accordo anche da posizioni culturali e magari politiche diverse.

Link
SRM web site

Laser ad altissima frequenza per produrre immagini simili alla Sindone

SRM ha pubblicato (link) alcune immagini dell'esperimento effettuato dall'ENEA con Laser ad altissima frequenza (cortesia del Dr. Giuseppe Baldacchini – ENEA, ed Applied Optics), cfr. Newsletter nº 75, e ha ripreso (link) l'intervista concessa a Zenit il 18 luglio scorso dal Dr. Baldacchini, il quale spiega come l'esperimento fosse inizialmente traguardato ad altri obiettivi, e sia stato centrato sulle immagini della Sindone quasi per caso.

L'esperimento, utilizzando il Laser Hercules (realizzato a Frascati, uno dei laser più potenti in Europa) con impulso di 120 ns, e il Laser LPX-305 della Lambda Physik (una industria specializzata tedesca), con impulso di 32 ns, ha portato a realizzare immagini con caratteristiche strutturali (“bruciatura” delle fibrille superficiali del tessuto) fortemente simili a quelle dell'immagine dell'Uomo della Sindone.Utilizzando altissime frequenze, e con specifiche caratteristiche di potenza e durata di emissione, il team del Dr. Baldacchini ha ottenuto immagini che con altre condizioni e differenti metodiche non sarebbero replicabili.L'esperimento è stato pubblicato da Applied Optics (Vol. 47, Issue 9, pp. 1278-1285), e sarà presentato ufficialmente alla comunità scientifica negli Stati Uniti, nel mese di agosto.

(laser Hercules, ENEA Frascati)

giovedì, settembre 11, 2008

Papa Benedetto XVI all'udienza generale: solo nella relazione personale con Cristo si apre la nostra ragione

Il Pontefice, lo scorso mercoledì 3 settembre, ha spiegato ai partecipanti all'udienza generale la conversione di San Paolo, frutto del suo incontro con Cristo. Il cristianesimo, infatti, “non è una nuova filosofia o una nuova morale”, ma l'incontro con Gesù, la relazione personale con Lui.

Come Saulo, che “ha allargato il suo cuore, lo ha reso aperto a tutti”, e ha aperto la sua ragione alla saggezza dei pagani, diventando capace di un dialogo ampio con tutti, anche noi cristiani dobbiamo aprirci a questo incontro, a questa relazione con Cristo, pregare perché avvenga e lasciarci illuminare; e così aprire “la nostra ragione”, e aprire “tutta la saggezza di Cristo e tutta la ricchezza della verità”.

Link
Zenit - Zenit testo integrale

Meeting di Rimini

Sul Meeting, e su alcuni degli interventi ed eventi dedicati al tema del rapporto tra scienza e religione pubblichiamo pagina sul sito, e sezione in questo numero della Newsletter.

Nella pagina sono pubblicati i testi della Newsletter e alcune foto (cortesia Ufficio Stampa del Meeting di Rimini)

Link
SRM, pagina sul Meeting - SRM al Meeting

Mons. Angelo Bagnasco: La fede difende la ragione

Il presidente della Conferenza episcopale italiana ha spiegato che "il popolo di Dio è chiamato a partecipare alla storia umana anche con la difesa della ragione”: per quanto possa “sembrare singolare che la fede difenda la ragione”, “Cristo salva l'uomo nella sua interezza”.

Sottolineando il problema del “relativismo, che il Papa richiama come un tarlo della società e della storia occidentale”, e che necessita “la luce della ragione intesa come la facoltà del vero”, ha poi ricordato che “affermare l'efficacia della ragione non è 'totalmente altro' dall'annuncio evangelico”, non è “diminuire il vangelo per impicciarsi di argomenti di competenza altrui”, ma “è intrinsecamente connesso: fede e ragione si richiamano a vicenda, sono implicati reciprocamente nell'unità della persona”.

Link
SRM (articolo Osservatore Romano) - Meeting Rimini 1 - Meeting Rimini 2 - Zenit - testo integrale dell'intervento

Mons. Rino Fisichella: la Chiesa non è né sarà mai nemica della scienza

Intervenendo il 29 di agosto al Meeting di Rimini, Mons. Fisichella ha spiegato che "la Chiesa non potrà mai essere nemica della scienza e non lo è mai stata in passato", ma avversa solamente l'idea che debba essere la scienza la sola misura del bene e del male, o (come nel caso dell'eutanasia) la sola autorizzata a decidere tra vita e morte.

D’altra parte, "nel momento in cui nella società si pongono problemi nuovi ed emergono situazioni prima sconosciute perché la scienza fa passi da gigante, è evidente che lo Stato sia chiamato ad assumersi la responsabilità di dare una risposta".

Link
SRM (articolo Osservatore Romano)

“Le sfide dell’evoluzione. In armonia tra scienza e fede”

Mons. Fiorenzo Facchini presenta il suo libro al Meeting di Rimini

Mons. Facchini, antropologo all’Università di Bologna, presentando il volume, ha rilevato che “a 149 anni dalla pubblicazione delle tesi di Darwin, e a 199 dalla sua nascita, nel mondo cattolico esistono posizioni diverse”, da chi vede compatibilità tra darwinismo e visione della Chiesa Cattolica, a chi ne afferma una sostanziale irriducibilità; da chi vede un possibile dialogo, a chi vede solamente una insuperabile antinomia.

Certamente, però, realtà ed evidenze scientifiche dell'essere umano e dei viventi mostrano che “l’evento uomo rappresenta una discontinuità antropologica proprio per come è l’uomo”.

E affermando la possibile coerenza tra Universo creato e universo in evoluzione, Facchini ha sottolineato che “Dio ha fatto il mondo come realtà dinamica, un lavoro in atto da completare”, e che “l’uomo è chiamato a collaborare al progetto di Dio della creazione. Un progetto che non è statico ma ha una dinamica i cui contorni forse ancora non conosciamo bene”.

Link
Meeting Rimini - SRM n.66 - SRM n.68

“Atmosphera, realtà e miti dei cambiamenti climatici”

Mostra Euresis

Euresis ha organizzato una mostra multimediale sui cambiamenti climatici che, coinvolgendo lo spettatore in un percorso interattivo, ha voluto mostrare quanto vi sia di concreto e quanto di ipotetico nelle attuali teorie al riguardo, portando i visitatori ad essere più consapevoli di questa realtà, spesso amplificata o distorta dai media.

La mostra ha avuto l'obiettivo di proporre “i fattori essenziali del problema dal punto di vista scientifico”, e di “mostrare la ricchezza e delicatezza dei fenomeni naturali che sul nostro pianeta cooperano a stabilire un clima adatto alla nostra vita”.

Link
Meeting Rimini - Euresis - Zenit

Il Master in Scienza e Fede ed SRM al Meeting di Rimini

Il Master in Scienza e Fede ed SRM, con la presenza di Padre Rafael Pascual LC (Decano della Facoltà di Filosofia e Direttore del master), hanno partecipato all'edizione 2008 del Meeting di Rimini, con uno spazio presso lo stand dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

Link
SRM - Link Meeting Rimini 2008

“Chi sono i nemici della scienza? Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di malascienza”

La presentazione del libro al Meeting e l'intervista dell'Osservatore Romano all'autore, Giorgio Israel

Il libro è stato presentato il 27 agosto nell'ambito della rassegna Invito alla Lettura. Giorgio Israel, professore di Matematica all'università di Roma La Sapienza, ha voluto mostrare come la stessa scienza, quando si arrocca su pregiudizi ideologici e di matrice scientista, finisca col danneggiarsi da sola, e per aumentare paradossalmente, pur tentando di divulgare, la distanza con il pubblico di non scienziati. Intervistato da Radio Vaticana, il matematico ha spiegato anche che la scienza è diversa sia dalla “impostazione ideologica pregiudizialmente atea che pretende di strumentalizzare la scienza per stabilire quale sia la verità”, basata su “visioni puramente materialistiche”, sia dallo scientismo, “l'atteggiamento che letteralmente deifica la scienza”.

Link
Meeting Rimini

Giorgio Israel: “la conoscenza è molteplice e l’esperienza umana è lungi dall’essere soltanto scientifica”.

Intervistato da Tracce al Meeting di Rimini per la presentazione del suo libro (v. SRM), il Prof. Israel ha affrontato il tema della mancata visita del Pontefice alla “Sapienza” e del ruolo del Papa nel tentare di stabilire un corretto equilibrio tra fede e ragione.

Ha poi parlato dei veri “nemici della scienza”, che non sono la religione o la filosofia, ma gli errori nella comunicazione scientifica, le distorsioni ideologiche quali il tentativo di “dimostrare scientificamente l’ateismo e il materialismo” e “la confusione tra scienza e naturalismo”, gli stessi media (che di tali forme di divulgazione e tali ideologismi sono spesso tramite), e un certo modo di fare educazione nelle scuole e nelle Università.

Invece “la conoscenza è molteplice e l’esperienza umana è lungi dall’essere soltanto scientifica”, perchè “l’uomo non è né un dado, né una macchina a vapore o elettrica, né un calcolatore, né una qualsiasi delle macchine cui ci si ingegna a ridurlo per spiegarlo in termini scientifici”.

Link Tracce luglio/agosto 2008 su

paparatzinger-blograffaella.blogspot.com

mercoledì, settembre 10, 2008

Conferenza Stampa Convegno STOQ 2009: L'evoluzione Biologica, Fatti e Teorie

Il 16 settembre 2008, alle ore 11.00, presso la Sala Stampa Vaticana, si svolgerà la conferenza stampa di presentazione del Convegno STOQ 2009:

L'evoluzione Biologica, Fatti e Teorie.
Una valutazione critica 150 anni dopo "L'origine delle specie"


Parteciperanno S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, il prof. Marc Leclerc sj, Ordinario di Filosofia della Natura (Pontificia Università Gregoriana), il prof. Gennaro Auletta, Direttore Scientifico del Progetto STOQ (Pontificia Università Gregoriana), il prof. Alessandro Minelli, Docente di Zoologia (Università di Padova).

Il Convegno si svolgerà dal 3 al 7 marzo 2009 presso la Pontificia Università Gregoriana, Roma

Link
comunicato stampa - Sala Stampa Vaticana - Convegno STOQ 2009 - Progetto STOQ