da L'Osservatore Romano, 11 febbraio 2010
L'infinito vivo di Pavel Florenskij
Una voce nel confronto tra fede e scienza
di Marco Tibaldi
Una delle fratture più tragiche che si sono consumate lungo la modernità è quella tra fede e scienza. Nonostante tra i protagonisti di questa stagione della civiltà occidentale ci siano eminenti figure di credenti, ciò che è prevalso è il senso di reciproca estraneità, se non di vera e propria lotta e contrapposizione. Tra i portati della sensibilità postmoderna si registra un progressivo processo di riavvicinamento, cui ha contribuito non poco l'attività degli ultimi Pontefici. Cessate le polemiche, ricompresi i confini e gli ambiti propri ai diversi campi del sapere si assiste al tentativo di riprendere un dialogo che necessita come di un nuovo alfabeto.
Tra i protagonisti di questa nuova stagione occorre annoverare una delle figure più significative del secolo scorso, Pavel Aleksandrovic Florenskij, la cui poliedrica opera comincia solo ora a essere apprezzata in pieno e conosciuta per quello che vale. Finora, infatti, si tendeva ad associare, con pieno fondamento, al nome del martire ortodosso prevalentemente la sua attività teologica e filosofica. Lo si conosce meno come protagonista delle scienze e soprattutto come interprete del significato che queste, matematica in testa, assolvono all'interno della Rivelazione. ... leggi tutto, SRM (cortesia L'Osservatore Romano)