lunedì, febbraio 11, 2008

Antonino Zichichi: L’alleanza tra fede e scienza è possibile

Intervista dopo la mancata visita del Pontefice all'Università “La Sapienza”

Paolo Centofanti

ROMA, mercoledì, 30 gennaio 2008 (ZENIT.org)

Il professor Antonino Zichichi, Presidente della World Federation of Scientists, sostiene che una grande alleanza tra fede e scienza è la conseguenza rigorosamente logica di ciò che sono queste due grandi conquiste dell'intelletto: la Scienza nell'immanente, la Fede nel trascendente.

In una intervista a ZENIT, il Professore Zichichi ha affermato che l'opposizione alla visita di Benedetto XVI all'Università "La Sapienza" di Roma è stata la manifestazione di una cultura "pre-aristotelica".

Zichichi ha lavorato nei più grandi Laboratori del mondo e al CERN di Ginevra, dove nel 1965 ha scoperto l'antimateria nucleare. Nel 1963 ha fondato a Erice il "Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana".

E' autore di oltre ottocento lavori scientifici, tra cui: 6 scoperte, 4 invenzioni, 3 idee originali che hanno aperto nuove strade nella Fisica Subnucleare delle alte energie, e 4 misure di alta precisione di quantità fondamentali.È stato Presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Attualmente è Professore Emerito di Fisica Superiore all'Università di Bologna.

Parlando del rapporto tra scienza e fede, tema affrontato da Benedetto XVI nel suo intervento all'Udienza generale di questo mercoledì, il professor Zichichi ha ricordato che i risultati raggiunti dalla scienza odierna sarebbero impensabili senza "quell'atto di fede e di umiltà intellettuale, maturato nel cuore della cultura cattolica con Galileo Galilei".


Cos’è per lei la ragione?

Zichichi: Noi siamo l’unica forma di materia vivente a cui è stato dato il privilegio del dono della ragione; ed è grazie alla ragione che la forma di materia vivente cui noi apparteniamo ha potuto scoprire il linguaggio, la logica e la scienza.
Esistono infatti centinaia di migliaia di forme di materia vivente, vegetale ed animale, ma nessuna di esse ha saputo scoprire la memoria collettiva permanente – meglio nota come linguaggio scritto – né le forme di logica rigorosa come la matematica o la scienza che, tra tutte le logiche possibili, è quella che ha scelto il Creatore per fare l’Universo così come possiamo vederlo e studiarlo, e noi stessi.

Una logica che ci è permesso di studiare e capire ma che nessuno sarà mai in grado, anche minimamente, di alterare. Senza ragione non avremmo potuto scoprire la scienza, questa straordinaria avventura intellettuale, iniziata solo 400 anni fa, con Galileo Galilei e le prime Leggi fondamentali della natura da lui scoperte.

Galilei le chiamava “Impronte del Creatore”, impronte che potevano anche non esistere. Invece lui era convinto che esistessero, e che fossero presenti sia nelle stelle, sia nella materia “volgare” come le pietre, nelle quali in quel tempo tutti erano certi che non fosse possibile trovare verità fondamentali. È proprio studiando le pietre che Galilei iniziò a cercare quelle impronte, per un atto di fede nel Creatore.

Un atto di fede e di umiltà, che ci ha permesso di arrivare oggi, in soli quattro secoli, a concepire l'esistenza del "supermondo": la più alta vetta delle conoscenze scientifiche galileiane, quindi del sapere rigoroso, nell'immanente. Le frontiere stesse del supermondo confermano quanto dicevo prima, ovvero che siamo l'unica forma di materia vivente dotata di ragione.


Sono state attribuite al Pontefice false dichiarazioni di condanna nei confronti di Galileo Galilei, poi smentite. Come pensa che Papa Benedetto XVI veda realmente la figura di Galileo Galilei ?

Zichichi: Per Papa Benedetto XVI, la ragione è al centro della cultura del nostro tempo. Il suo pensiero su Galileo Galilei è stato mistificato, estrapolando una citazione di Feyerabend (che dichiarava giusta la condanna a Galilei), da un discorso che in realtà mirava a sostenere proprio la tesi opposta. E proprio in Galilei, il Pontefice vede una unione ideale tra scienza e fede.

Il 6 aprile 2006, alla domanda di un giovane che partecipava in Piazza San Pietro a un incontro in preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù, Benedetto XVI rispose che “il grande Galileo” Galilei considerava la Natura e la Bibbia due libri scritti dallo stesso Autore. Il libro della Natura in lingua matematica, perché per costruire l’Universo è necessario il rigore della matematica; la Bibbia, essendo parola di Dio, doveva invece essere scritta in linguaggio semplice e accessibile a tutti, come debbono essere i valori della nostra esistenza, che è una simbiosi della sfera immanentistica e della sfera trascendentale.


Cos’è la scienza?

Zichichi: La scienza, ci ricorda Benedetto XVI, nasce dall’atto galileiano di umiltà intellettuale: Colui che ha fatto il mondo è più intelligente di tutti noi, scienziati, filosofi, artisti, matematici, nessuno escluso. Per conoscere quale logica abbia scelto il Creatore per creare il mondo e noi stessi c’è una sola possibilità: porGli domande in modo rigoroso. È questo il significato di “esperimento di stampo galileiano”, e da qui nasce la scienza galileiana, che esige rigore e riproducibilità.
Se nel 1965 avessi potuto dimostrare l’esistenza dell’antimateria nucleare solamente con carta e penna e utilizzando il rigore della matematica, non avrei avuto bisogno di fare un esperimento estremamente difficile e per il quale fu necessario inventare un circuito elettronico speciale, che misurasse i tempi di volo delle particelle subnucleari con precisioni fino ad allora mai ottenute: frazioni di miliardesimi di secondo.

Per fare una scoperta scientifica è quindi necessario arrendersi alla superiorità intellettuale del Creatore di tutte le cose visibili e invisibili, e realizzare un esperimento. È stato così per l’antimateria nucleare, come per tante altre scoperte.

Ogni scoperta è stata ottenuta sempre dopo un esperimento che ha richiesto almeno un’invenzione tecnologica, come ad esempio il più potente rivelatore di neutroni, che ha permesso di scoprire una formidabile proprietà dell’Universo subnucleare: l’enorme divario esistente tra le miscele mesoniche vettoriali e quelle pseudoscalari. Non è una proprietà banale delle strutture subnucleari ma il risultato delle leggi che governano l’Universo le cui regolarità e le cui leggi nessun filosofo, logico matematico, pensatore, nessuno, aveva saputo prevedere.
Se fosse sufficiente il rigore logico-matematico per comprendere com’è strutturato l’Universo subnucleare, non avremmo bisogno di costruire strutture complesse e gigantesche come la nuova macchina che entrerà in funzione entro la fine di quest’anno al CERN di Ginevra: una pista magnetica lunga 27 km, con una quantità enorme di rivelatori, cosa finora mai realizzata, per avere una risposta alla domanda: “com’era l’Universo un decimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang” ?


Lei parla spesso della necessità di umiltà intellettuale nella ricerca scientifica....

Zichichi: Se non fosse per l’atto di umiltà intellettuale del padre della scienza moderna, saremmo rimasti fermi, chissà per quanti secoli ancora, a ciò che pensavano i nostri antenati: basta essere intelligenti per capire com’è fatto il mondo.

Nel corso di diecimila anni, dall’alba della civiltà al sedicesimo secolo, tutte le culture si erano illuse di sapere decifrare il Libro della natura senza mai porre una sola domanda al Suo Autore. Ecco perché a nessuna cultura era toccato il privilegio di scoprire una Legge fondamentale della natura.

Oggi la scienza è arrivata alla soglia del supermondo, per quell’atto di fede e di umiltà intellettuale, maturato nel cuore della cultura cattolica con Galileo Galilei, che Giovanni Paolo II, il 30 marzo 1979, in Vaticano, presenti i rappresentanti dei fisici di tutta Europa, definì figlio legittimo e prediletto della Chiesa cattolica.
Con il suo coraggio intellettuale e spirituale Giovanni Paolo II riportò finalmente a casa i tesori della scienza galileiana che sono autentiche conquiste della cultura cattolica. E Benedetto XVI di questi tesori è oggi il massimo custode nella continuità culturale del Suo apostolato con quello di Giovanni Paolo II.


Questo si collega all’alleanza tra scienza e fede da lei sempre sostenuta?

Zichichi: Papa Giovanni Paolo II, spalancando le porte della Chiesa cattolica alla scienza galileiana, dette vita a questa grande alleanza tra fede e scienza. Una allenza di cui è prova la frase “scienza e fede sono entrambe doni di Dio” incisa su ferro ed esposta agli scienziati di tutto il mondo al Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” a Erice.

La cultura del nostro tempo è detta moderna, ma in effetti è pre-aristotelica, come è provato da quella lettera cui hanno aderito, prima 67 persone che oggi sono diventate – mi è stato detto – molte migliaia.

Insegna però Enrico Fermi che la scienza è fondata sulla meritocrazia, non sui numeri di chi sottoscrive una presunta verità. Non si possono mettere ai voti le “Forze di Fermi” né l’equazione di Dirac. Né le leggi che continuiamo a scoprire nell’Universo subnucleare. La democrazia va bene per la politica, non per le verità scientifiche. Se vivessimo – come pretende la cultura dominante atea – nell’era della scienza quella lettera sarebbe rimasta con zero firme: non sarebbe mai stata scritta. Le radici di quella lettera sono nella cultura del nostro tempo che – come dicevo prima – è detta moderna mentre in effetti è pre-aristotelica. Infatti né la logica rigorosa né la scienza sono ancora entrate nel cuore di questa cultura che – come ha scritto Papa Benedetto XVI nel discorso preparato per la visita a “La Sapienza” – “costringe la ragione ad essere sorda al grande messaggio che viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza. Così facendo questa cultura agisce in modo da non permettere più alle radici della ragione di raggiungere le sorgenti che ne alimentano la linfa vitale”.

La sintesi più bella del pensiero di Papa Benedetto XVI è incisa nella cupola della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma, dove c’è un’altra famosa frase di Giovanni Paolo II: “La scienza ha radici nell’Immanente ma porta l’uomo verso il Trascendente”. Negare a Benedetto XVI il diritto di portare ai giovani il messaggio della grande alleanza tra fede e scienza è stato un atto di oscurantismo, non di laicità.


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